Testamento sociale.Giuseppe Verdi, lasciò il suo patrimonio ad asili e istituti per ciechi, sordomuti .

In Italia solo l’8% della popolazione affida a un testo scritto le proprie ultime volontà. Ma negli ultimi dieci anni le donazioni post mortem a favore di organizzazioni no profit sono aumentate del 10-15%. Oggetto del lascito può essere una somma di denaro ma anche un’opera d’arte, un gioiello, un mobile, un appartamento o una polizza vita. E se il destinatario è un’associazione senza scopo di lucro non si pagano tasse di successione

Alessandro Manzoni incluse nel suo testamento il suo servitore. Giuseppe Verdi, in mancanza di eredi diretti, lasciò il suo patrimonio ad asili e istituti per ciechi, sordomuti e rachitici. Non è una novità, quella di dare in beneficenza una parte dei propri beni dopo la morte. Ma oggi più che mai può diventare una fonte di finanziamento importante per le onlus. Le “ultime volontà” possono consentire per esempio di costruire un pozzo in un Paese povero, contribuire all’acquisto di libri di testo o vaccini, favorire la ricerca su leucemia e cancro, aiutare persone con disabilità.
Negli ultimi dieci anni le donazioni testamentarie a favore di organizzazioni no profit sono aumentate del 15%, secondo i dati raccolti dal comitato in collaborazione con il Consiglio nazionale del Notariato. Da un sondaggio condotto su un campione di 700 notai, le più propense a fare donazioni post mortem risultano le donne, oltre il 60% del totale. Nella metà dei casi il valore è sotto i 20mila euro, ma c’è anche un 8,5% di testamenti in cui i lasciti superano i 100mila euro. L’iniziativa Testamento solidale passa innanzitutto attraverso la sensibilizzazione sull’utilizzo del testamento: in Italia lo fa solo l’8% della popolazione. Una percentuale di molto inferiore, per esempio, al 48% della Gran Bretagna, dove la mancanza dell’obbligo di lasciare una quota di legittima a coniuge e figli, presente invece da noi, spinge a mettere nero su bianco la propria volontà ultima.
Come fare il testamento? – Per lasciare parte dei propri beni in beneficenza bisogna indicare tale volontà nel testamento. In Italia ci sono tre modi per farlo. Il testamento olografo è un documento scritto obbligatoriamente a mano con tanto di data e firma, che può essere conservato in casa da chi lo scrive oppure affidato a una persona di fiducia o a un notaio. Il testamento pubblico invece viene redatto dal notaio che mette per iscritto le volontà in presenza di due testimoni: l’interessato viene così aiutato a dare disposizioni che siano a norma di legge. Infine il testamento segreto, utilizzato di rado, è caratterizzato dall’assoluta riservatezza sul contenuto: viene consegnato in una busta chiusa già sigillata o da sigillare al notaio, sempre davanti a due testimoni e i dettagli non saranno noti a nessuno fino a morte sopravvenuta. Qualsiasi sia il tipo di testamento che si è scelto di fare, le disposizioni testamentarie possono essere revocate, modificate o aggiornate più volte e fino all’ultimo momento di vita. È sufficiente redigere un nuovo testamento nel quale si usa una formula del tipo: “Revoco ogni mia precedente disposizione testamentaria”.

Quanto si può lasciare a una onlus? – Non tutti i beni possono essere lasciati in beneficenza dopa la morte, visto che le norme italiane tutelano gli eredi legittimari, ovvero i parenti più stretti: il coniuge, i figli e in loro mancanza i genitori. A loro è riservata per legge una quota, detta legittima, che varia a seconda della composizione familiare. Per esempio in presenza di un coniuge e di un solo figlio a entrambi deve andare almeno un terzo del patrimonio totale, nel cui computo si considerano anche eventuali donazioni effettuate in vita. Se non ci sono figli, al coniuge deve andare almeno la metà dei beni. Il resto costituisce la quota disponibile, che non è mai inferiore a un quarto del patrimonio e che può essere lasciata, in tutto o in parte, ad altri soggetti che non siano gli eredi legittimari.

Che cosa si può donare con un lascito solidale? – Inserire nel proprio testamento un lascito solidale non è per forza una cosa da ricchi: “Anche una somma di denaro relativamente piccola, come 5mila euro, è molto utile”, spiega Rossano Bartoli, portavoce del comitato Testamento Solidale e segretario generale della Lega del Filo d’Oro. Qualsiasi donazione è ben accetta, al di là del suo valore. E della sua tipologia: si possono lasciare somme di denaro, azioni, titoli d’investimento oppure altri beni mobili come un’opera d’arte, un gioiello o un mobile di valore, ma anche beni immobili come un appartamento. Oppure si può indicare una onlus come beneficiaria di una polizza vita. Ma quanto finisce nelle casse degli enti no profit? “Il dato varia da organizzazione a organizzazione. E di anno in anno”, risponde Bartoli. “La Lega del Filo d’Oro per esempio riceve ogni anno tra i 40 e i 50 lasciti, per un valore complessivo che varia da un minimo di 3 a un massimo di 10 milioni di euro”.

Si possono imporre vincoli sull’utilizzo del bene? – Il lascito che si fa a una onlus può essere vincolato a un particolare utilizzo del bene. Una pratica che a volte rischia però di mettere in difficoltà l’organizzazione: “Può capitare che venga lasciato un alloggio con l’obbligo di utilizzarlo per esempio come sede di una comunità. Tali richieste non sempre sono realizzabili e in tal caso la onlus può decidere di rinunciare a quanto le è stato assegnato”, spiega Bartoli. Per evitare questo rischio il consiglio è di “contattare prima l’associazione in modo da valutare insieme quali condizioni sull’utilizzo futuro del lascito possano essere rispettate e quali no”.

Che garanzie ha chi fa testamento? – Lasciare un bene a una onlus. Ma che garanzie ci sono sul rispetto della propria volontà? “Una cautela da avere è quella di nominare un esecutore testamentario, ovvero una persona che controlla l’esatta esecuzione delle disposizioni contenute nel testamento e che in caso contrario si rivolge al giudice”, risponde Albino Farina, responsabile dei rapporti con il Terzo settore per il Consiglio nazionale del Notariato. “Di solito questo compito viene affidato a un erede, a un parente o a una persona di fiducia”. Una funzione di controllo la possono avere anche i parenti, che hanno tutto l’interesse a verificare nel tempo il rispetto della volontà di chi ha fatto testamento, altrimenti possono impugnarlo e ricevere loro stessi i beni destinati all’ente no profit. In mancanza di un esecutore testamentario o di una persona portatrice di un interesse diretto, però, è difficile che ci sia un reale controllo. “In tal caso – commenta Bartoli – a garanzia del rispetto di quanto disposto nel testamento c’è solo la serietà dell’ente che ha ricevuto il lascito”.

E le tasse? – Sui lasciti a enti no profit o a enti pubblici non si paga alcuna imposta di successione. Una condizione privilegiata, visto che coniuge e figli hanno una franchigia di un milione di euro ciascuno, oltre la quale versano un’imposta del 4 per cento. Condizioni che diventano più sfavorevoli man mano che la parentela diventa meno stretta: per fratelli e sorelle, per esempio, la franchigia scende a 100mila euro, mentre l’aliquota sale al 6. L’esenzione dalle imposte di successione per il momento vale solo per le organizzazioni no profit italiane e per quelle dei Paesi dell’Ue che concedono esenzioni analoghe alle onlus del nostro Paese. La Commissione europea ritiene però che tale esenzione vada estesa alle organizzazioni no profit di tutti gli Stati membri. Per questo di recente ha chiesto all’Italia di modificare la propria normativa.